venerdì 9 gennaio 2009

A SELINUNTE,UN BIGLIETTO PER LA BELLEZZA

da: "L’Isola Signora"- Coppola editore– 2^edizione-2004 - Sono tornata a Selinunte dopo più di 15 anni. I templi, la cittadella. E tutti a scoraggiarmi: «Non vi si può più accede¬re, stanno costruendo le dune, i lavori in corso, ancora ne passerà di tempo!». La mia frenesia. Mi prende così, a caso, la smania di rivedere un luogo, la memoria ripesca senza alcun criterio dai suoi archivi, crea nuovi e vecchi desideri. E all'improvviso mi son trovata a ricordare Selinunte. Ad averne nostalgia. La nostalgia, quel sentimento che nutre e dispera. Ricordare le mie corse sul motorino, col vento in faccia, con la primavera tra i capelli. Quei pomeriggi solari, quei percorsi azzurrissimi, sentieri di acacia in fiore e ginestre premature e tutti i profumi della campagna misti alla fragranza sala¬ta del "greco mare". Era un'ebbrezza straordinaria, era la fine del liceo, era la sensazione di essere sufficientemente adulta da poter cogliere e capire tutta la magnificenza di quei luoghi noti sin dalla prima infanzia. Erano cresciuti nei miei occhi di bambina quei templi. Immensi e quasi temibili, sublimi in una essenzialità che non riuscivo a decifrare né ad esprimere. Mi sembravano, comunque, perfettamente funzionali a qualcosa di grande: la fede di quei popoli che li avevano costruiti. Ciò mi rendeva enorme il piacere della contemplazione delle rovine, delle ipotesi, della storia, della intensità delle cose. Quando poi, più grande, ci tornavo con il mio motorino e senza la mano rassicurante di mio padre a condurmi, sentivo ancora più forti quelle sensazioni dell'infanzia. Sentivo che qualcosa di ancora più misterioso era custodito tra le antiche pietre dei templi e della cittadella. Mi fermavo per ore a guardare il mare buono senza più attesa di nemici invasori, e mi sentivo appartenere all'anima comune dell'umanità che ha attraversato la vita. Ci sono tornata, a Selinunte, dopo più di 15 anni. Un pomeriggio di luglio. L'afa poggiata sulle cose, la luce sfibrante, l'estate in trionfo. L'antica via d'accesso alla zona archeologica è ormai inesistente. Giravo per una strada nuova e non mi riusciva d'approdare là dove il mio desiderio voleva portarmi: «...Non c'è più possibilità, stanno costruendo le dune artificiali per circondarla, poi vi saranno una serie di percorsi obbligatori, dei tunnel e delle porte attraverso cui si potranno guardare i templi!». Solo da uno scorcio rimasto libero riesco a vedere, o forse solo a intravedere uno dei templi, ancora in parte intatto, sublime nella sua austerità. Provo un tuffo al cuore. Vorrei ma non posso più raggiungerlo. «Perché?», chiedo, «perché tutto questo!». «Perché così la gente per entrare, per vedere, dovrà pagare il biglietto. Un grosso guadagno, servirà in parte alla manutenzione stessa della città archeologica». Provo un sentimento di frustrazione in più. La nostalgia si trasforma in boccone amaro. Un percorso obbligato a togliere spontaneità, fervore, al desiderio di ricongiungersi al passato e alla storia attraverso le antiche testimonianze di pietra. Non credo che tornerò quando i tunnel ed i percorsi obbligati saranno pronti, semmai mi limiterò a guardare da quell'unico angolo libero da false dune, l'unico tempio visibile. Così, da lontano, con quelle lontananze obbligate che l'uomo di oggi frappone fra sé e le emozioni, per futili motivi.

2 commenti:

Albuccia ha detto...

Non hai torto, Marilema Monti, non è giusto, non dovrebbe mai accadere che si debba pagare "un biglietto" per fruire della bellezza. Fermo restando che in taluni casi è indispensabile, io ritengo che in quello di Selinunte si è trattato di un vero abuso. Come far pagare il biglietto per guardare il cielo!....
Il tuo racconto mi conduce con linguaggio essenziale e dolce, alla tua nostalgia, alla tua rabbia- Complimenti

Falilulela ha detto...

I percorsi obbligati sono già tanti nella vita di ognuno di noi...
A Selinunte ho camminato libera, tanto tempo fa, tra rovine, mare e cielo in una indimenticabile Sicilia che la tua descrizione mi riporta prepotentemente alla memoria.
La voglia di mare affoga nella nebbia padana che la lettura del tuo post 'solare', attenua.
Un saluto, Falilulela